lunedì 2 marzo 2015

SAN CATALDO







I suoi genitori, Euco Sambiak e Aclena Milar, divennero ferventi cristiani grazie all'opera di missionari venuti dalla Gallia. Da loro Cataldo ricevette l'educazione e l'amore per la preghiera, l'ubbidienza, ordine, la mortificazione, e lo spirito di sacrificio. Alla loro morte Cataldo decise di donare tutta la loro eredità ai poveri. Quindi divenne discepolo di Carthaghabate del monastero di Lismore Irlanda, ove fu ordinato sacerdote e nel 637, alla morte del suo maestro e padre spirituale, gli successe nella conduzione del monastero. Nel 670 fu ordinato vescovo e tra il 679 e 680[3] si recò a visitare la Terra Santa, in abito da pellegrino.
Secondo la leggenda, il santo sarebbe giunto a Taranto per volere divino: infatti si racconta che durante il soggiorno in Terra Santa, mentre era prostrato sul Santo Sepolcro, gli sarebbe apparso Gesù che gli avrebbe detto di andare a Taranto e di rievangelizzare la città ormai in mano al paganesimo. San Cataldo allora, salpando con una nave greca diretta inItalia, intraprese un lungo viaggio che lo portò a sbarcare nel porto dell'attuale Marina di San Cataldo, località a 11 km da Lecce che porta il suo nome. Sempre secondo la tradizione, il santo avrebbe lanciato un anello in mare per placare una tempesta e in quel punto del Mar Piccolo si sarebbe formato un citro, cioè una sorgente d'acqua dolce chiamata "Anello di San Cataldo", tutt'oggi visibile sotto forma di "polla d'acqua dolce".
A Taranto Cataldo compì la sua opera evangelizzatrice, facendo abbattere i templi pagani e soccorrendo i bisognosi. In quel periodo egli si recò anche nei paesi limitrofi, tra cui Corato in provincia di Bari, di cui divenne patrono avendo per tradizione liberato la città dalla peste.
Morì a Taranto l'8 marzo del 685 e fu seppellito nella chiesa di San Giovanni in Galilea, allora duomo della città, e lì il suo corpo fu dimenticato per parecchi anni.

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